Sono davvero arrabbiata. Perché l’ottusità, in certi ambienti e a certi livelli, la trovo intollerabile. Come la maleducazione. Le ho sperimentate entrambe, e ne ho grande amarezza. Cara Regione Lombardia, in molte situazioni davvero .un modello, come sei finita? Ti ho letto, su alcuni quotidiani, defenestrato (tutte sue le colpe?) l’assessore Gallera, “migliorata” come squadra di governo. Con nuovi e ricchi esborsi per persone di lui “più capaci”, in breve avresti organizzato una perfetta campagna vaccinale sul territorio, così da sconfiggere in modo rapido la pandemia Covid 19. Se i risultati sono quelli che ho potuto constatare in un centro importante come l’Ospedale di Legnano … che Dio ci aiuti!
Ma veniamo ai fatti. Sono tra le persone che si sono beccate il virus e che il Padreterno ha voluto lasciare quaggiù, magari facendo torto ad altri più meritevoli. Dopo il Covid ho certamente sviluppato anticorpi (almeno credo); tuttavia, come gli esperti consigliano, so di dovermi sottoporre al vaccino. E so di essere in lista, data l’età, nell’elenco “persone fragili”. La convocazione tarda però ad arrivare; e poiché amiche sugli ottant’anni si sono prenotate in farmacie di Magenta per la vaccinazione - e in una buona parte il problema l’hanno già risolto - io che faccio? Mi metto in nota (e lo resto!). Ma sentite un po’ quel che mi accade.
La sera del 10 marzo mi arriva un messaggio: “Caro concittadino, Regione Lombardia la invita l’11 marzo, ore 14,28, a presentarsi presso il centro vaccinale di Legnano, numero richiesta adesione 55666795067541. La aspettiamo”. Si segnala che il telefono da cui il messaggio proviene non accetta risposte.
Sono, al momento, senza auto. Marcallo (o Magenta) non hanno trasporti di collegamento con il centro ospedaliero. E’ improbabile che al mattino dell’11 marzo, in poche ore, io riesca a trovare qualcuno che possa portarmi a Legnano. Ritengo quindi corretto cedere il mio posto, fissato con precisione alle 14.28, ad altra persona. Chiamo dunque l’ospedale: data l’ora, temo che non risponderà alcuno. Invece mi parla un essere umano, anche gentile. Non sta a lui occuparsi della mia problematica. Mi augura un buon sonno e suggerisce, al risveglio, una segnalazione a un determinato numero. Obbedisco; chiamo puntualmente alle 8. Una voce mi invita ad attendere con pazienza per non perdere la priorità acquisita; poi, quando mi aspetto di parlare finalmente con qualcuno, la voce registrata si reinserisce e propone di rendermi edotta circa le caratteristiche dei vaccini. Comincio a pensare che gli ultraottantenni lombardi siano considerati, dalla Regione Lombardia, tutti cerebrolesi. Con lo strazio delle tante trasmissioni fotocopia, sull’argomento vaccini ci hanno detto di tutto, non ne possiamo più. Ricontatto l’ospedale per parlare con qualcuno: mi danno un altro numero. Altra voce registrata: prema uno, prema due, prema tre, prema 4, e nessun servizio corrisponde alla mia bisogna. Un operatore? Macché! Prima di richiamare ancora l’ospedale cerco di contattare i volontari della Croce Azzurra di Marcallo: magari, a Legnano, potrebbero accompagnarmi loro. Però so che vogliono essere avvisati almeno un giorno prima e mi sovviene anche che il servizio, di regola, risponde alle chiamate dalle 10; dunque sono troppo in anticipo. Oso disturbare uno dei volontari di cui ho il cellulare. “ Perché va a Legnano, quando anche stamani noi portiamo la gente a vaccinarsi a Magenta?” Vorrei saperlo anch’io. “E’ che sono fortunata come i cani in chiesa”, obietto tristemente. E lui, solidale. “Richiami dopo le 10. Vedo se trovo qualcuno disponibile. Rifaccio il numero dell’ospedale per avere il collegamento col centro vaccinale. Mi forniscono un altro numero ancora. Qui, da capo lo spiegone e la risposta da una voce scocciata: “Alle 10 richiami la Croce azzurra. Sanno benissimo che noi avvertiamo all’ultimo momento, senza preavviso. Se possono portarla al centro vaccinale, arrivi puntuale. Se non possono, visto che mancherà all’appuntamento, la riconvocheremo magari in una località più vicina a Marcallo”. La Croce Azzurra marcallese, alle 10,30 mi conferma l’aiuto: mi preleverà da casa alle 13.50. Straordinaria la gentilezza; lodevole l’efficienza. Arrivo a Legnano in perfetto orario. L’autista si ferma un po’ di sghimbescio davanti all’ospedale, c’è poco spazio tra auto in sosta e un pullman. La non breve e larga corsia che porta all’ingresso della struttura è un ammasso di gente, persone accalcate le une sulle altre. E il “distanziamento”? C’è gente in carrozzella, gli anziani sono tantissimi ma non mancano persone giovani. Accompagnatori?. L’autista va a cercarsi un posto nel grande parcheggio, che è strapieno; io intanto, guardata piuttosto male, risalgo la fiumana. All’ingresso del nosocomio un’infermiera in camice verde mi intima:”Torni indietro e si metta in fila!” Non so come potrei, visto che file non ce ne sono, c’è solo un accalcarsi di persone. Le dico che ho l’appuntamento alle 14.28. “Non me ne importa niente, vada in fila!” Domando per quanto tempo, secondo lei, dovrei starci. “C’è gente che è qui da ore, si è cominciato a vaccinare in ritardo”. Specifico che mi si è raccomandata la puntualità; aggiungo (ed è pura verità) che non ce la faccio a stare sui due piedi, ho la necessità di sedermi. “Allora si rivolga a quella lì”. Quella lì, anche lei in camice verde, pare che l’abbia morsa un serpente. “Vedrò di trovarle una sedia”, dice con malagrazia. “I posti disponibili, lo vede, sono già occupati. Per adesso, aspetti!”. Ci provo, ma la schiena mi duole troppo e pongo (mancano 10 minuti alle 15) la domanda: “Supposto che lei mi procuri una sedia, per quanto tempo dovrò aspettare?” Risponde, seccata, che aspetterò fino a che arrivi il mio turno. Potrei dover attendere anche 4 ore. Non vedo il casino? Replico che sono venuta con un autista e con un appuntamento preciso. “L’autista lo mandi via e, quando sarà il momento lo farà ritornare. Circa l’appuntamento, per noi non conta!” Sta montandomi la mosca al naso: “Se gli appuntamenti valgono uno zero, perché li fissate? Le pare sensato che io, quasi novantenne, debba aspettare per almeno 4 ore per fare la vaccinazione raccomandata? E che l’autista, per questa mia esigenza, debba sciropparsi in un pomeriggio 100 km andando su e giù?” Senza guardarmi e palesemente infastidita, il viso rivolto a un’altra vestita di verde che l’ha raggiunta, la donna replica: “Le cose vanno così. Gli appuntamenti non li fissiamo noi, se la prenda con quelli della Regione”.
Sono tornata a casa con i crampi allo stomaco, e me la prendo, me la prendo proprio con la Regione Lombardia. Una simile disorganizzazione è inaccettabile. Ed è inaccettabile, da parte di chiunque, la villania verso le persone avanti con gli anni, che non sono né cretine, né da buttar via. Capisco che le signore bardate di verde, con la caniglia che c’era e che non sapevano come tenere a bada, fossero sotto stress. Questo non le esime dalla buona educazione. L’addebito più grave resta comunque in capo alla Regione Lombardia, che ha dato prova, oltretutto in un ospedale considerato “eccellente”, di inettitudine nella pianificazione delle vaccinazioni e di pessima e superconfusa organizzazione.
LOMBARDIA: UN MODELLO DI INETTITUDINE
12/03/2021 - Adele Ferrari