Tesla, la società guidata da Elon Musk, dopo essere stata denunciata da una ONG per aver utilizzato per la propria produzione cobalto estratto da miniere in cui venivano ridotti in schiavitù dei bambini (perché nessuno sia in galera devo ancora capirlo) ha deciso di rifarsi il look utilizzando una blockchain creata con un consorzio di produttori di cobalto.
Tramite questa piattaforma, utilizzata anche da Vovo, Volkswage, Ford e FCA, sarà possibile seguire la catena distributiva del minerale “dalla miniera alla batteria”, infatti esso è materia prima indispensabile oltre che per la costruzione delle batterie delle auto elettriche, la palafitta su cui si regge la green economy, anche per quelle di monopattini, smartphone e tablet.
Visto che i due terzi del cobalto viene estratto in Congo penso che non sarebbe così difficile, per aziende di quella potenza economica, monitorare direttamente alla miniera come avviene l’estrazione ma probabilmente significherebbe assumersi direttamente in prima persona la responsabilità morale di non acquistare quello che viene chiamato “cobalto insanguinato”, cosa che oltre a non permettere di delegare ad altri la responsabilità non creerebbe un supporto pubblicitario molto funzionale.
Da tutto questo risulta evidente che alcune grandi multinazionali hanno acquisito nuova ricchezza sfruttando la schiavitù infantile senza che nessun patron o dirigente abbia mai dovuto renderne conto, forse perché si arricchivano in modo ‘ecologico’ e solleticando la vanità dei selfisti mondiali.
L’etica occidentale ha dimenticato la Dichiarazione universale dei diritti umani dimostrando di non fondarsi più su dei valori assoluti e le vicende odierne, Afghanistan incluso, stanno dimostrando il suo conseguente disfacimento.
Ecco, di questo i giovani avrebbero diritto di lamentarsi ma non mi risulta che lo facciano: a partire dai seguaci di Greta.
COBALTO INSANGUINATO
03/09/2021 - Roberto Bellia