Di fronte alla tragedia ucraina molti editorialisti si pongono domande alle quali, per quanto scomode, ognuno di noi deve rispondere. La prima è quella che riguarda i migranti che non provengono dall’Ucraina: se siamo disposti ad aiutare senza se e senza ma i migranti ucraini siamo pronti ad avere lo stesso slancio di solidarietà e la stessa disponibilità all’accoglienza per i migranti provenienti dall’Africa o dall’Asia? La risposta è semplice: Sì. E penso siano in molti pronti a dare questa risposta purché si tratti di esuli da guerre e tirannie: cioè meno del 20% di quelli che sbarcano sulle nostre coste. La seconda domanda riguarda i sacrifici ai quali saremmo disposti a sottostare per difendere la libertà. Molti opinionisti accusano di scetticismo coloro che si pongono come obiettivo prioritario allontanare il pericolo di una guerra anche rinunciando ad un possibile quota di libertà: costoro vengono accusati di non saper attribuire il sacrosanto valore a qualcosa che danno per scontata non avendo dovuto lottare e sacrificarsi per ottenerla. Può anche essere parzialmente vero, soprattutto per l’happy hour & selfie generation, ma che si trasforma in moralismo se non ci si sofferma su un punto: per difendere la libertà può essere accettabile la sola ipotesi di un conflitto nucleare? La risposta è NO. No perché comunque l’essere umano riuscirà sempre a ripristinare la libertà perché è un’esigenza naturale, è un istinto radicato nella sua intelligenza (anche dell'happy hour & selfie generation, ovviamente), bisognerà ricominciar a lottare ma, comunque, prima o poi i nostri discendenti torneranno ad essere liberi, mentre dopo un conflitto nucleare è possibile che i nostri discendenti non ci siano proprio: e questo non mi sembra un dettaglio su cui sorvolare
NOI E LA TRAGEDIA DELL’UCRAINA
25/03/2022 - Roberto Bellia