Egregio direttore,
nel mio intervento del 22/11 (su altro argomento), facendo riferimento ad una certa realtà (processi per stupro di decenni e decenni e decenni fa’.... e di più) traevo una conclusione: “Si può uccidere nel corpo e nell’anima”, conclusione che ora aggiorno (perché riguarda i nostri giorni: ”Si può violentare il corpo e violentare l’anima”. Riflettiamo sul processo “Ciro Grillo” (tanto per capirci) con altri tre suoi compagni. Ognuno tragga le sue conclusioni, ed anch’io la mia: la prima forma di violenza contro la donna avviene nella “tenebra” dei prepotenti, convinti di farla franca; la seconda potrebbe avvenire (ab esse ad posse valet consequentia! Quel "si può" di sopra) nell’aula di un tribunale da un avvocato difensore che diventa accusatrice, invertendo il principio di non contraddizione. Dopo tante belle nostre parole sulla dignità della persona, sul vedere nell’altro il volto del mio prossimo, adesso mi si affacciano parole concrete: «Ubi est frater tuus?. Quid fecisti?»: ...la mano che colpisce per uccidere l’anima.
E se domani anche tra noi: «Ma lei, signorina, indossava il burqa, portava il velo? No? Allora se l’è cercato...». Pericolo di tacere, apriamo il vangelo (Luca 18): «C'era in una città un giudice, che non temeva Dio .... In quella città c'era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: "Fammi giustizia contro il mio avversario!”». Nel passato c’era la categoria di origine biblica “vedova-orfani” (da Esodo 22,22, a Deuteronomio 10,18, ai Salmi 68,6,146,9 eccetera); oggi si è aggiunto: donna-che-subisce-violenza.
SI PUÓ UCCIDERE NEL CORPO E NELL'ANIMA
20/12/2023 - Umberto Masperi