Pregiatissimo direttore,
le chiedo di ospitare questo breve racconto che spero possa incontrare l'interesse dei suoi lettori.
C'era una volta un vecchio che non era mai stato giovane; in realtà non aveva mai imparato a vivere. Non aveva speranze, né turbamenti; non sapeva né piangere né sorridere. Tutto ciò che succedeva nel mondo non lo addolorava e neppure lo stupiva. Trascorreva le sue giornate oziando sulla soglia della sua capanna, senza degnare di uno sguardo il cielo, l'immenso cristallo azzurro che, anche per lui, il Signore spesso abbelliva con la soffice bambagia delle nuvole.
Era così carico di anni che la gente lo credeva molto saggio, cercando di far tesoro della sua secolare esperienza.
«Che cosa dobbiamo fare per raggiungere la felicità?», gli chiedevano i giovani.
«La felicità è un'invenzione degli stupidi!», rispondeva il vecchio.
Talvolta passavano di lì alcune persone desiderose di rendersi utili al prossimo che chiedevano al vecchio qualche consiglio in merito, ricevendo però risposte assai negative.
Anche alcuni artisti e poeti si recavano a consultare il vecchio che tutti credevano saggio: «Insegnaci ad esprimere i sentimenti che abbiamo nell'anima!», gli chiedevano. Il vecchio però li zittiva.
Poco alla volta, le sue idee negative e tristi influenzarono il mondo. Dal suo angolo squallido dove non crescevano fiori e non cantavano uccelli, il pessimismo del vecchio faceva giungere un vento gelido sulla bontà, sull'amore e sulla generosità che faceva appassire e seccare tutto.
Questo dispiacque molto al Signore, che decise di porre rimedio.
Chiamò un bambino e gli disse: «Va' a dare un bacio a quel povero vecchio!».
Il bambino obbedì. Circondò con le sue braccia tenere e paffute il collo del vecchio e gli stampò un grosso bacio sul viso rugoso.
Per la prima volta il vecchio si stupì ed i suoi occhi torbidi divennero di colpo limpidi, perché nessuno lo aveva mai baciato.
Da quel momento aprì gli occhi alla vita e più tardi morì sorridendo.
A volte, davvero, basta un bacio, un «ti voglio bene», anche solo sussurrato, un timido «grazie», un apprezzamento sincero....
È così facile rendere felice un'altra persona; allora perché non lo facciamo?
FELICITÀ: "INVENZIONE" O DESIDERIO RECONDITO?
20/05/2024 - Luigi Bertolini