Carissimo direttore,
in merito alla strage di Paderno Dugnano, vorrei fare un'osservazione del tutto particolare rispetto alle molte fatte.
Mi ha colpito il fatto che molti abbiano detto del ragazzo che ha compiuto la strage «non avevamo capito che cosa avesse dentro .....».
Questo «Non avevamo capito» mi ha fatto e mi fa molto pensare, perché è indice di una mancanza generalizzata.
«Non avevamo capito» significa che nessuno si era accorto di nulla, che tutto appariva e passava dentro una normalità senza problemi, il che è segno che non si è saputo ascoltare, non si è riusciti a comprendere che cosa quel ragazzo avesse nel cuore.
Questo però non è successo solo a Paderno Dugnano, questa è una posizione diffusa dovunque, perché molti, troppi parlano, parlano, ma non sanno ascoltare. È la questione seria di questa civiltà, in cui si è più tesi a buttare all'altro, agli altri quello che si porta in sé, senza saper ascoltare, perché si è convinti di sapere già tutto e che l'altro non possa dare nulla di interessante, nulla di significativo.
Spesso noi abbiamo di fronte persone che sono il terminale delle nostre affermazioni, nulla più di un recipiente che deve prendere dentro di sé ciò che gli viene versato, non più soggetti che si mettono in relazione reciproca, che ricevono come hanno tanto da dare.
È evidente che in questa società si fatica ad ascoltare l'altro e i social network hanno rigonfiato questa presunzione di un ego che ha come orizzonte se stesso; è evidente come questo renda urgente un cambiamento, renda necessario cominciare o ricominciare a guardare l'altro come un soggetto positivo e non un oggetto vuoto da riempire.
Che cosa ha portato a questa cultura del non ascolto? Lo smarrimento della originalità dell'io, che l'io non è il centro del mondo, ma il punto fragile di un rapporto, ed è la relazione che lo sorregge.
Bisogna recuperare questa relazione originaria, è in questa relazione che io sono arricchito da ogni altro.
E perché questo accada, ogni rapporto è un lavoro, è la scoperta dell'altro come altro, è mettersi in ascolto per identificare ciò che l'altro mi può dare e ciò di cui ha bisogno.
Solo se si ascolta l'altro accadono queste due esperienze: quella del dare all'altro e quella del ricevere dall'altro, quella del consegnare all'altro se stessi e quella dell'avvertire la domanda dell'altro così da potergli non rispondere a parole, ma con la semplicità di una presenza.
Ci vuole affetto per l'altro per cominciare ad ascoltarlo!
PADERNO DUGNANO E L'ASCOLTO CHE NON C'È
04/09/2024 - Gianni Mereghetti